Articoli recenti

Sull’orlo del precipizio con Antonio Manzini

Antonio Manzini, attore, sceneggiatore e romanziere – già autore della serie di Rocco Schiavone, interpretato nell’omonima serie tv da Marco Giallini – con Sull’orlo del precipizio compie una divertente distopia del mondo editoriale. Il protagonista, Giorgio Volpe, è uno scrittore pluripremiato, campione di vendite, amatissimo da pubblico e critica. Dopo due anni, sei mesi e tredici giorni, a cui si dovevano aggiungere l’ansia, la fatica, le notti insonni, i dolori alla cervicale, 862 pacchetti di sigarette, tre influenze, 30 rate di mutuo Volpe ha terminato il suo ultimo romanzo, Sull’orlo per precipizio. Nello stesso periodo, la Gozzi (per cui Volpe pubblica), la Bardi e la Malossi, le tre principali case editrici del Paese, si sono fuse dando vita al supercolosso Sigma. Giorgio Volpe, più stupito che preoccupato, si ritrova così sotto contratto con la Sigma. La prima novità è che dell’editing di Sull’orlo del precipizio non si occuperà la fidata Fiorella, mandata nel frattempo in pensione. La Sigma incarica Aldo e Sergej, che vestono come due bodyguard e hanno già portato a termine dei lavori per il nuovo gruppo. Aldo ha tradotto I promessi sposi in romanesco, per rendere l’opera del Manzoni più appetibile per il grande pubblico, Sergej ha…
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Jack London agli aspiranti scrittori

Jack London, autore – tra gli altri – di Zanna bianca, Il richiamo della foresta, Martin Eden, Il tallone di ferro, Il vagabondo delle stelle, è stato pescatore clandestino, cercatore d’oro, lavandaio, pugile, coltivatore, corrispondente di guerra (in occasione del conflitto russo-giapponese), fino a diventare, dopo innumerevoli tentativi, uno scrittore tanto famoso da essere considerato il più pagato degli Stati Uniti. All’apice della fama, Jack London ricevette numerose richieste di suggerimenti da parte di aspiranti scrittori. Oltre a rispondere direttamente, pubblicò su riviste e giornali una serie di articoli sulla scrittura. Una selezione di lettere e articoli è raccolta nel volume Pronto soccorso per scrittori esordienti, edito da minimum fax. London parte dalla domanda Come si fa a essere originali? Per lui è fondamentale avere una propria filosofia di vita, un proprio modo di vedere il mondo, acquisibile con l’esperienza (nel suo caso, i tantissimi lavori svolti furono fondamentali) e lo studio. Riuscendo a non essere sciocche banderuole che cambiano direzione allo spirare di qualsiasi brezza…  […] L’unico modo per conquistarsi una propria filosofia di vita è cercarla, estraendo dalla conoscenza e dalla cultura del mondo i materiali che vanno a comporla…  […] Devi studiare. Devi arrivare a interpretare il volto della…
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Le otto montagne di Paolo Cognetti

Leggendo Le otto montagne di Paolo Cognetti mi è spesso tornata in mente la canzone Giulio Cesare, di Antonello Venditti, per la frase e mio padre una montagna troppo alta da scalare. Il protagonista, e narratore, de Le otto montagne si chiama Pietro, e raccontandoci del suo rapporto con la montagna ci racconta – o meglio, in questo caso, si racconta, per capirlo meglio – il rapporto col proprio padre. Questo padre, Giovanni Guasti, è nato in montagna, si è spostato a Milano (dove Pietro è nato) ma non si è mai abituato alla città e alla gente, e appena può parte per la montagna. Non punta alle comode vette da mille o duemila metri preferite dalla moglie, la madre di Pietro; Giovanni Guasti punta ai Quattromila, le vette più difficili, più famose, quelle dei ghiacci perenni. A proposito del padre, Pietro ci dice una cosa che vale per ogni uomo, e soprattutto per ogni narratore. Avevo già imparato un fatto a cui mio padre non si era mai rassegnato, e cioè che è impossibile trasmettere a chi è rimasto a casa quel che si prova lassù. Pietro lassù inizia a salire presto. Comincia a affezionarsi alla montagna da bimbo,…
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La definizione di arte e narrativa secondo la grandissima Flannery O’Connor

Flannery O’Connor (1925-1964) è stata una delle scrittrici più importanti del secolo scorso, nonostante abbia iniziato a soffrire fin dai venticinque anni di una malattia cronica autoimmune – lupus eritematoso sistemico – che l’ha portata alla morte prima di compiere i quaranta. Flannery O’Connor è nata a Savannah, in Georgia, e essere un abitante del Sud, prima ancora che una scrittrice del Sud, è una caratteristica fondamentale della sua narrativa. Ha scritto due romanzi e una trentina di racconti (in Italia, un’edizione della Bompiani li raccoglie tutti), ed è stata invitata spesso a tenere conferenze all’interno di scuole e università. Il volume edito da minimun fax, intitolato  Nel territorio del diavolo – Sul mistero di scrivere  comprende alcuni interventi dell’autrice. Rivolgendosi agli studenti di un corso di scrittura, Flannery O’Connor definì il proprio concetto di arte: […] A questo punto sarà meglio che mi fermi e spieghi l’uso che faccio della parola arte. Arte è una parola davanti alla quale la gente batte subito in ritirata, perché troppo altisonante. Ma io, per arte, intendo semplicemente scrivere qualcosa che sia dotato in sé di valore e di efficacia. Base dell’arte è la verità, nella sostanza come nella forma. Chi nella propria opera…
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La concezione del dolore secondo David Lynch

David Lynch è regista e sceneggiatore di film noti per la componente surrealista, le sequenze oniriche e l’uso di simboli di difficile interpretazione. Ancora oggi, sul web, fan accaniti e spettatori occasionali discutono sul significato dei suoi film, anche di quelli usciti più di trent’anni fa. Lynch è decisamente restio a parlare dei suoi film; ad esempio non ha mai voluto commentare il significato della chiave e della scatola di Mulholland Drive, anche se in riferimento allo stesso film ha indicato una lista di dieci indizi (dieci domande) per la comprensione dell’opera. Il suo atteggiamento ha aumentato l’alone di mistero che avvolge la sua produzione, e anche numerose critiche. Nel 2006 Lynch ha pubblicato In acque profonde, libro che raccoglie le sue riflessioni sulla vita, sul cinema, sulla meditazione e sulla creatività. Nell’opera Lynch conferma la riluttanza a parlare dei suoi lavori: I commenti del regista aprono la strada alla possibilità che il pubblico cambi la propria interpretazione della cosa in assoluto più importante: il film. Non sminuisco affatto l’importanza di raccontare gli aneddoti che circondano un film, ma commentarlo durante le riprese è un sacrilegio.   Penso invece che bisognerebbe cercare di guardarlo tutto dall’inizio alla fine, possibilmente in…
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Un nome da torero – Sepulveda riporta un suo personaggio in Cile

Un nome da torero, pubblicato nel ’94, è il terzo romanzo dello scrittore cileno Luis Sepulveda . Dopo due opere dedicate soprattutto all’ambiente (nello specifico il rispetto per la foresta Amazzonica ne Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, di cui abbiamo parlato qui,  e la caccia illegale alle balene ne Il mondo alla fine del mondo) Sepulveda passa a un romanzo che strutturalmente può essere definito un noir e che soprattutto è caratterizzato da un forte respiro autobiografico. Juan Belmonte, omonimo del torero citato da Hemingway in Morte nel pomeriggio, è un ex guerrigliero cileno che vive nella Berlino ormai liberata dal Muro, lavora come buttafuori in un locale a luci rosse e si scontra spesso con un gruppo di razzisti. L’incarico di recuperare le monete facenti parte della Collezione della Mezzaluna Errante, trafugate in Cile durante la seconda guerra mondiale, dà a Belmonte la possibilità di tornare in patria (lo stesso Sepulveda fu costretto a restare lontano dal Cile per dodici anni) e di cercare la donna che ama, Veronica. Noi lettori seguiremo Belmonte fino alla Terra del Fuoco, e noteremo come tutti i personaggi il cui destino gravita attorno alle monete da recuperare siano stati segnati in maniera indelebile,…
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Il filo che ha unito le letture di Raccontando un libro

Domenica 22 gennaio, con il reading dedicato a Lo scrittore fantasma di Philip Roth, si è concluso il trittico di letture raccontate organizzate dal sottoscritto insieme agli amici del Vento dello Stretto. Prima che iniziasse questa avventura, e anche durante, qualcuno mi ha chiesto perché avessi scelto proprio quei romanzi, e cosa li unisse, e adesso ho deciso di scrivere qualcosa in merito. Innanzitutto, ho scelto di leggere davanti a un pubblico Per chi suona la campana, di Ernest Hemingway, L’amore ai tempi del colera, di Gabriel García Márquez, e appunto Lo scrittore fantasma, di Philip Roth, perché sono tre romanzi che ho amato, da lettore, che mi hanno colpito, da aspirante scrittore, e ho cercato di trasmettere le emozioni che queste opere mi hanno fatto provare. Però c’è anche dell’altro. Nell’ordine, abbiamo letto una storia di guerra, una storia d’amore e una storia che parla di scrittura. Naturalmente, e lo abbiamo visto insieme nei relativi appuntamenti, Per chi suona la campana, L’amore ai tempi del colera e Lo scrittore fantasma sono molto più di questo, ma volendo fare una sintesi brutale possiamo definirli proprio così: una storia d’amore, una storia di guerra e una storia che parla di scrittura. Guerra, amore, scrittura; un percorso un pò strano. Cosa…
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Philip Roth e Lo scrittore fantasma

Molti critici di settore considerano Philip Roth, nato a Newark nel ’33, il più importante autore vivente. Ci si aspettava andasse a lui il Nobel per la Letteratura andato invece a Bob Dylan, e in realtà Roth fa parte di quella cerchia di autori che sono in odore di Nobel da tanti anni e ancora non l’hanno vinto. Nobel a parte, Roth (di cui abbiamo parlato anche qua) ha ricevuto i più importanti riconoscimenti che esistono in campo letterario: ha ricevuto il Premio Pulitzer, il Premio PEN/Faulkner, ha ricevuto la Medaglia d’Oro per la Narrativa, il premio più prestigioso conferito dall’American Academy of Arts and Letters. Oltre a essere osannato dai critici è amato dai lettori, infatti ha venduto milioni di copie. È uno scrittore molto prolifico, ha pubblicato più di venti romanzi, fra i quali due dei più famosi sono Pastorale americana e La macchia umana. Sono due storie distinte e separate; condividono alcuni argomenti perché sono gli argomenti a cui Roth è più sensibile, ma sono, ripeto, due storie distinte e separate. Pastorale americana racconta di Seymour Lenov, detto lo svedese, e della sua famiglia; La macchia umana invece è la storia del professor Coleman Silk e del…
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Stephen King sul luogo in cui scrivere

Stephen King non ha scritto solo narrativa di genere di grande successo (Carrie, Shining, It, Misery); è anche autore di opere più “letterarie”, come i racconti contenuti nella raccolta Stagioni diverse, da cui sono stati tratti i film Le ali della libertà e Stand by me – Ricordo di un’estate. Nel 2000 King ha pubblicato On Writing: Autobiografia di un mestiere. L’opera, che in parte racconta la vita dello stesso King e in parte è un manuale di scrittura, viene tutt’oggi consigliata in numerose scuole di scrittura creativa. Tra i vari argomenti toccati, King dedica attenzione al luogo in cui si scrive, sottolineando fin da subito l’importanza, per un aspirante scrittore, di avere un posto tutto per sé. Si può leggere quasi dovunque, ma per quanto riguarda la scrittura, le scrivanie con separatori delle biblioteche, le panchine dei parchi e le sistemazioni temporanee dovrebbero rappresentare l’ultima spiaggia. Non c’è bisogno di un arredamento da villa di Playboy o uno scrittoio d’epoca a serrandina dove riporre gli strumenti del mestiere. Il vostro può essere un angolo modesto (anzi, forse è preferibile che lo sia, come credo di avere accennato), con un solo particolare davvero necessario: una porta che siete disposti a chiudere….
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I luoghi della scrittura

Molti insegnanti di scrittura creativa, per motivare i propri studenti a esercitarsi con costanza, consigliano di creare un ambiente più confortevole possibile dove scrivere. Un tavolo su cui può trovare spazio tutto quello che ci serve, una sedia comoda, una stanza ben illuminata. Può essere utile anche l’abitudine di immaginarci, durante le nostre giornate, seduti in quel posto a scrivere. Visualizzarci lì, con un sottofondo musicale tanto rilassante quanto stimolante, e con accanto un caffè bollente, o una tisana, o un bicchierino di amaro, accrescerà il nostro desiderio di scrivere, e ci aiuterà a cogliere ogni occasione per farlo, evitando di rimandare. Personalmente, il mio luogo ideale per scrivere è una stanza in cui, pur avendo a disposizione tutto ciò che può servirmi, sono costretto a scrivere. Cerco di spiegarmi meglio tramite un esempio: a volte, mentre scrivo, sento la necessità di accendere la televisione per seguire un notiziario, o una partita, o semplicemente per sentire una voce. Perciò nella stanza dove scrivo abitualmente deve esserci un televisore, altrimenti sarò costretto a lasciare la stanza. Di contro, però, non devo distrarmi troppo dalla scrittura, e allora il televisore sarà posizionato di sbieco rispetto alla scrivania, così che un po’ lo…
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