Il gorilla di Sandrone Dazieri

Di frequente, nel determinare il successo di un giallo – o di una serie di gialli – lo spessore di colui che indaga gioca un ruolo più importante della struttura dell’indagine stessa.

Sandrone Dazieri, cremonese classe ’64, attivo nei movimenti dei centri sociali nella Milano degli anni ’80, ci ha regalato un personaggio, comparso per la prima volta ne Attenti al gorilla nel 1999, che definire originale sarebbe riduttivo.

Il protagonista del ciclo del Gorilla si chiama Sandrone Dazieri, proprio come l’autore, e, nella sua prima apparizione, in un dialogo con la compagna Vale, parla del Socio:

<<Il tuo Socio si cura molto meglio di te.>>
  <<Perché è un pignolo maniaco. Io sono un maniaco depressivo e voglio essere coccolato. Mi trascuro apposta per attrarre l’attenzione.>>

Basterà leggere poche pagine per capire che il Socio, in realtà, è lo stesso Sandrone, che soffre di un disturbo della personalità. La particolarità del caso è che le due personalità si alternano con le fasi del sonno: quando una dorme, l’altro si sveglia. In pratica, Sandrone Dazieri non dorme mai.

Il ritornello era sempre il solito: secondo i sacri testi, non può esistere qualcuno che non dorme mai. Dovrebbe morire, o diventare un idiota in pochissimo tempo. Invece eccomi qua. Sono il meno regolare degli uomini, ma non ho ancora il cervello in pappa e mi aspetto di campare a lungo, soprattutto da quando ho smesso di fumare un pacchetto al giorno e pratico il sesso sicuro.

Naturalmente non è questa la sede per parlare scientificamente di questa condizione, né tantomeno all’autore importa più di tanto farlo: il gorilla è così, e questa sua caratteristica offre dinamiche interessantissime per la narrazione. Le due personalità sono molto diverse: la prima, che di norma svolge il ruolo di narratore, è poco incline alla violenza, sarcastica, emotiva; l’altra, il Socio, è la metà oscura, di poche parole, fredda, razionale, determinante nelle situazioni difficili.

Ogni volta che una delle due si sveglia, e prende possesso del corpo, non sa cosa ha fatto l’altra nel turno precedente – gli appunti che, da accordo, dovrebbero lasciarsi a vicenda non possono, per ovvi motivi, essere omnicomprensivi – trovandosi così facilmente al centro di malintesi. Inoltre, a volte, i due si divertono a mettersi in difficoltà l’un l’altro.
Come il suo creatore, il Sandrone Dazieri-personaggio vanta un passato da attivista, e continua ad avere un occhio di riguardo per chi è più debole, poco capace di difendersi da solo; ha, però, anche il problema di essere considerato un poco di buono da molti esponenti della cosiddetta società civile, e un venduto dai suoi ex compagni.

Ad ogni modo, il Gorilla ha le spalle abbastanza larghe da perseguire ciò che ritiene giusto. Nel corso delle sue avventure, divise tra Attenti al gorilla, La cura del gorilla, Gorilla blues, Il Karma del gorilla, La bellezza è un malinteso, il Gorilla si sposta tra varie città – arrivando addirittura in Argentina in un’occasione – ma è Milano, il più delle volte, ad essere lo sfondo della narrazione:

Milano non piace quasi a nessuno di quelli che ci vivono. Non amano il ritmo che li spinge sempre di corsa. Hanno problemi di stomaco per i panini alla piastra e i piattini di verdura. Non sopportano la puzza di piscio dei sottopassaggi, l’odore del vomito dei tossici, il lastricato di preservativi nelle viuzze, la moquette di cacche di cane. Sognano il verde e trovano solo qualche albero morente e i parchi strapieni di polizia pronta a dirti che non sta bene sedersi sulla poca erba a farti i cavoli tuoi. Sono disorientati dalla mancanza di punti di ritrovo, dalle poche piazze senza panchine, dagli stili architettonici accrocchiati, dalle case a forma di cubo, di ananas, di pigna, di finto rococò e finto gotico. Non capiscono che Milano non è una città, ma un grumo di lava che ha subito tutte le Furie. Che è sterile, come il deserto, e per starci bisogna essere attrezzati. Che non è adatta ai dilettanti. Per questo la amo.

  La cura del gorilla, film con Claudio BisioDal secondo romanzo del ciclo, La cura del gorilla, è stato tratto un film omonimo con Claudio Bisio – impeccabile nel cambio di mimica tra una personalità e l’altra – nel ruolo del protagonista.

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