Il politicamente scorretto di Pinketts; Lazzaro Santandrea e i duri

Le parole che introducono Lazzaro vieni fuori, romanzo d’esordio di Andrea G. Pinketts, dicono già molto sullo stile dello scrittore Milanese:

  I fatti, i luoghi e i personaggi di questo romanzo sono puramente immaginari. Mi si potrebbe obiettare che esiste una regione chiamata Trentino Alto Adige e un paesino chiamato Bellamonte. Mi sento obbligato a specificare che sia il Trentino che Bellamonte, come è noto, li ho inventati io.

In ambito di scrittura si discute spesso di quanto, della propria vita, un narratore possa mettere nelle proprie opere. Di sicuro Pinketts mette tantissimo di sé nei suoi romanzi e nel suo personaggio più famoso: Lazzaro Santandrea, protagonista proprio de Lazzaro vieni fuori e dei successivi Il vizio dell’agnello, Il senso della frase, L’assenza dell’assenzio, Nonostante Clizia solo per citarne alcuni. Pinketts e Lazzaro Santandrea condividono molto: i tanti mestieri fatti, i luoghi in cui sono cresciuti e in cui bazzicano adesso, i gusti in fatto di birra, sigari e donne. Soprattutto, entrambi sono dei duri. Pinketts, nel 1993 a Milano ha fondato proprio la Scuola dei Duri, un movimento letterario che si propone di esplorare la realtà attraverso l’indagine poliziesca. Lo stesso Pinketts, del resto, è stato detective comunale a Cattolica per sei mesi eseguendo centosei arresti, e si è anche infiltrato nella setta dei Bambini di Satana di Bologna.

Lazzaro Santandrea condivide con il suo creatore la passione per gli indagini, ma gran parte del suo successo presso i lettori deriva probabilmente dall’essere del tutto imprevedibile: Lazzaro può mentire agli amici e truffare gli estranei, per esempio spacciandosi per una sorta di guaritore dell’anima:

Da una settimana l’appartamento di mia nonna era diventato uno studio. Lo studio del dottor Totem. Io. Il nome Totem mi era venuto in mente da Totem e tabù di Freud. Il titolo di dottore, del riconoscimento che, pur non avendo mai ottenuto avevo, a mio parere, ampiamente meritato. Se non altro fuori corso. Fuori dal corso delle regole e delle gerarchie. Fuori dal corso dell’età con le sue stazioni di servizio. Fuori dalla patente automobilistica, dal matrimonio, dal divorzio, dall’esame di stato e di coscienza. Fuori dalle regole perché da fuori osservavo tutto. Regole comprese. Fuori dai concorsi di cani di razza perché avevo in mano un bastardino. Fuori dalle vie del Signore che essendo infinite, non ti lasciavano altri posti in cui andare.

Spacciarsi per un medico senza averne il titolo non è la cosa peggiore che fa Lazzaro Santandrea; come spesso capita a chi segue solo le proprie regole, però, a queste rimane sempre fedele in modo disinteressato, e ad esempio è implacabile nell’inseguire assassini o rapitori di bambini.
Nelle sue avventure, Lazzaro, e noi lettori di rimando, veniamo accompagnati da degni compari, strambi e duri quanto lui, fra qui spicca Duilio Pogliaghi:

[…] detto Pogo il dritto, da “Togo il dritto”, un biscotto che furoreggiava negli anni settanta. Duilio Pogliaghi che si costruiva da solo gli stereo. Pogliaghi che si comprava i Levi’s quando al liceo erano uno status symbol, poi andava al mare, in gennaio, si immergeva nell’acqua battendo i denti su un’immancabile sigaretta, usciva dal mare e si rotolava sulla sabbia coi jeans nuovi per collaudarli. Poi, saggiandosi le umide incrostazioni, diceva a se stesso e a noi con aria di approvazione: “Si, sono proprio resistenti”. Pogliaghi e il tabacco. Pogliaghi si fumava, a quattordici anni, due pacchetti di Stop senza filtro al giorno. Al mattino si svegliava con una tosse sismica. Arrivava a scuola, si picchiava i pettorali della sua magrezza come fosse stato Tarzan, poi diceva: “Ho tossito tutta la notte. Ma resisto ancora”. Si comportava con i suoi polmoni, con la sua salute, allo stesso modo con cui si comportava coi jeans. Li collaudava spremendosi al massimo.

Trame tanto ben strutturate quanto sorprendenti, un protagonista originale, comprimari di spessore basterebbero per consigliare la lettura dei romanzi di Pinketts; a ciò mi fa piacere aggiungere un commento di un suo lettore preso dal web: ”leggo Pinketts perchè, se ad uno scrittore comune servono venti pagine, a lui ne basta una ed è più divertente!”

 

Per leggere di altri giallisti italiani:

Il gorilla di Sandrone Dazieni

Sull’orlo del precipizio con Antonio Manzini

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