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Scrivere di scrittori – Paul Auster e La stanza chiusa

Nel suo romanzo breve La stanza chiusa, Paul Auster ci racconta, tra le altre cose, di uno scrittore immaginario e delle sue opere, naturalmente fittizie. È una dinamica con cui è difficile confrontarsi, perché porta con sé il rischio di esprimersi per luoghi comuni, senza riuscire a convincere il lettore, senza farlo sentire davvero dentro la storia. Paul Auster, però, in questa dinamica si muove a meraviglia, avendo spesso scritto di scrittori (anche il protagonista di Follie di Brooklyn, Nathan Glass, è alle prese con la scrittura di un libro) in modo convincente. La stanza chiusa, che compone insieme a Città di vetro e Fantasmi la Trilogia di New York, inizia con la ricezione, da parte del narratore, di una lettera inviata da Sophie, moglie del suo amico Fanshawe. Per il narratore, Fanshawe non è solo un buon amico di gioventù perso poi di vista per i casi della vita, è molto di più. I due sono cresciuti insieme, inseparabili, e per il narratore l’altro era un vero e proprio mito, con tutti i tentativi di imitazione e i conflitti che ne seguono. Adesso Fanshawe è scomparso, e la moglie chiede aiuto al narratore, ma non per ritrovarlo:  Uno giorno,…
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