Tag Archive: Scrittura creativa

Scrivere di scrittori – Paul Auster e La stanza chiusa

Nel suo romanzo breve La stanza chiusa, Paul Auster ci racconta, tra le altre cose, di uno scrittore immaginario e delle sue opere, naturalmente fittizie. È una dinamica con cui è difficile confrontarsi, perché porta con sé il rischio di esprimersi per luoghi comuni, senza riuscire a convincere il lettore, senza farlo sentire davvero dentro la storia. Paul Auster, però, in questa dinamica si muove a meraviglia, avendo spesso scritto di scrittori (anche il protagonista di Follie di Brooklyn, Nathan Glass, è alle prese con la scrittura di un libro) in modo convincente. La stanza chiusa, che compone insieme a Città di vetro e Fantasmi la Trilogia di New York, inizia con la ricezione, da parte del narratore, di una lettera inviata da Sophie, moglie del suo amico Fanshawe. Per il narratore, Fanshawe non è solo un buon amico di gioventù perso poi di vista per i casi della vita, è molto di più. I due sono cresciuti insieme, inseparabili, e per il narratore l’altro era un vero e proprio mito, con tutti i tentativi di imitazione e i conflitti che ne seguono. Adesso Fanshawe è scomparso, e la moglie chiede aiuto al narratore, ma non per ritrovarlo:  Uno giorno,…
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Un personaggio come simbolo – Charlie in Follia di Patrick McGrath

Premessa: lo scritto che segue svela buona parte del finale di Follia di Patrick McGrath, di cui trovate il consiglio di lettura qui. In quasi tutti i manuali di scrittura creativa leggiamo che un personaggio non dinamico, che non si muove, non si evolve, non è un personaggio utile. Come qualsiasi concetto, anche questo ha un’eccezione. Nella narrativa possiamo trovare, infatti, personaggi che, pur non compiendo azioni, pur essendo inerti, svolgono un ruolo importante nella trama; basti pensare a romanzi, film e opere teatrali in cui un personaggio pesa per la sua assenza, e la sua attesa muove le redini della suspense. In Follia, di Patrick McGrath, troviamo un esempio di personaggio che esercita un ruolo importante sugli altri: Charlie. Va detto subito che Charlie non è un personaggio del tutto assente, al contrario compare spesso nel romanzo e compie varie azioni, però, a mio avviso, più che per scelta le compie perché è costretto a compierle (si potrebbe discutere se dal destino, dagli altri personaggi o dalla trama, a seconda dei punti di vista, ma non è questo il punto), e potremmo anche considerarlo un simbolo. Per capire meglio, servono alcune indicazioni sulla trama: Follia è la storia dell’ossessione…
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Cos’è un McGuffin?

Molti manuali di scrittura creativa parlano della tecnica del McGuffin, soprattutto nei capitoli dedicati alla suspense, e il termine viene usato molto spesso anche all’interno delle recensioni delle serie tv. Si tratta di una definizione recente, che non può vantare secoli di tradizione alle spalle, ma ciò non impedisce di individuarne i contorni in maniera chiara per evitare un uso scorretto. Pare che a coniare il termine sia stato Alfred Hitchcock che, nel saggio-intervista a lui dedicato da François Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, racconta: Si può immaginare una conversazione tra due uomini su un treno. L’uno dice all’altro: <<Che cos’è quel pacco che ha messo sul portabagagli?>> L’altro: <<Ah, quello è un McGuffin>> Allora il primo: <<Che cos’è un McGuffin?>> L’altro: <<È un marchingegno che serve per prendere i leoni sulle montagne Adirondack>>. Il primo: <<Ma non ci sono i leoni sulle Adirondack>> Bene: <<Allora non è un McGuffin!>> Come vedi, un McGuffin non è nulla Il McGuffin è di fatto un espediente, usato per portare l’attenzione del lettore o dello spettatore su un’azione, un oggetto o un’informazione che non ha altro scopo che portare avanti la storia. Restando a Hitchcock, nel suo Intrigo internazionale alcuni misteri sono fondamentali…
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Una morte raccontata da Javier Marías

Scrivere narrativa significa – tra le altre cose – inventare un universo, e se è vero che la creazione di qualunque cosa è sempre difficilissima, in determinati casi l’asticella si alza ancora di più. Per esempio è molto complicato descrivere scene di sesso – l’ovvio e il retorico sono sempre pericolosamente dietro l’angolo, per non parlare del volgare – e spesso anche autori navigati preferiscono glissare, raccontando il prima e il dopo dell’atto sessuale. Lo stesso vale per le scene di morte. Anche in questo caso molti scrittori preferiscono allontanare la lente d’ingrandimento dalla scena in questione, riportandola velocemente per poi soffermarsi sulle conseguenze, evitando così i tanti rischi che la descrizione di un momento così importante porta con sé. Naturalmente, però, i grandi sanno raccontare tutto, ognuno a modo proprio, col proprio stile e linguaggio, perché – vale la pena ripeterlo – non esiste a priori un modo esatto di raccontare qualcosa. Lo stile di Javier Marías, per esempio, è prolisso e volutamente complicato, a la sua imitazione gratuita può far scivolare facilmente nel ridicolo. Ma è anche uno stile che, analizzato con cognizione di causa, può insegnare molto. Nel suo Domani nella battaglia pensa a me troviamo appunto…
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Come (re)iniziare una sessione di scrittura – un consiglio di Ernest Hemingway

Per un aspirante scrittore, si sa, non è mai facile ritagliare il tempo da dedicare alle proprie opere. Lavoro, famiglia, vari impegni più o meno improrogabili spesso tengono lontani dalla scrivania e dal taccuino. Inoltre può capitare che, una volta trovato questo benedetto tempo, non si riesca a sfruttarlo. Ancora oggi, purtroppo, rimane diffusa la tendenza a guardare con sospetto l’uso della programmazione in un ambito creativo. Di diverso avviso era Ernest Hemingway. Nel suo – incompiuto – Fiesta mobile lo scrittore statunitense, oltre a raccontare il suo rapporto con la città di Parigi e con numerose personalità letterarie, si sofferma su quello con la scrittura. Durante il periodo parigino, pur deciso a mettere da parte l’attività giornalistica per dedicarsi alla narrativa, Hemingway dovette affrontare diverse difficoltà, e rifletté a lungo sul metodo e l’ispirazione. Nel secondo capitolo di Fiesta mobile, Hemingway ci confida come affrontava le difficoltà di far partire un nuovo racconto: cercando la verità e la semplicità, e interrompendo una seduta quotidiana di lavoro sapendo perfettamente da dove riprendere il giorno successivo. A seguire, le parole del celebre autore: […] Lavoravo sempre finché non avevo concluso qualcosa e smettevo sempre quando sapevo quel che sarebbe successo dopo. Così…
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William Cane tra riscoperta della retorica antica e importanza dell’imitazione

William Cane – pseudonimo di Michael Christian – ha insegnato in college e università, pubblicato un best-seller tradotto in diciannove lingue (L’arte di baciare), scritto e diretto spettacoli teatrali rappresentati a Broadway. Nell’introduzione del suo saggio Scrivere come i grandi, edito da Dino Audino, William Cane parte da una considerazione: Quanti aspiranti scrittori, in questo momento, staranno sbattendo la testa sulla tastiera dei loro computer mentre si chiedono: <<Perché non riesco a scrivere come i grandi della letteratura?>> Subito dopo, Cane spiega che i grandi scrittori del passato hanno avuto una formazione diversa da quella che si riceve oggi. Secondo lui, negli ultimi ottant’anni circa, si è trascurata una pratica che invece è stata fondamentale per autori come Faulker, Dickens, Flaubert, Melville e Shakespeare. Quando frequentavo il college, una sera in biblioteca mi sono imbattuto in uno scaffale di libri sulla retorica antica. Ho scoperto che questa materia non veniva insegnata in nessun corso di nessun college; almeno, io non ne ho trovati. Perché mai dovrebbe importarvene, se in fondo la retorica non è che suono ed enfasi, qualità che non dimostrano null’altro se non la capacità di persuasione? Certo, a volte è solo questo, ma è anche molto più che…
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Cosa imparare da un fallimento – L’importanza della teoria nella scrittura creativa

Quando si parla di studio di scrittura creativa in molti, ancora oggi, rimangono perplessi. Questo dipende, probabilmente, dall’idea di libertà che la scrittura porta con sé, e dal considerare lo studio di regole e tecniche come una limitazione di tale libertà. Si potrebbero dividere gli aspiranti scrittori in due macrocategorie: quelli che finora hanno solo pianificato, o immaginato, di scrivere, e quelli che ci hanno provato sul serio. Sicuramente i secondi si saranno già resi conto di quanto studiare le difficoltà che una narrazione porta con sé sia indispensabile per superarle. Voglio raccontarvi di un mio amico. Questo amico – d’ora in poi sarà X – un giorno mi disse di voler scrivere un romanzo basandosi su una sua esperienza; nello specifico, si trattava di un trimestre di lavoro all’estero. X mi aveva precedentemente raccontato molto di questa sua esperienza, e sapevo che durante quel periodo della sua vita aveva conosciuto persone interessanti e si era trovato in situazioni bizzarre. Insomma, X aveva molto materiale per strutturare una trama appassionante e personaggi capaci di stupire. Purtroppo, però, X non sapeva da che parte cominciare, e mi chiese aiuto. Consegnai a X una lista di domande a cui avrebbe dovuto rispondere…
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Tre consigli di Bernard Malamud

Bernard Malamud (1914-1986) è stato autore di racconti e romanzi (tra cui Il migliore, portato sul grande schermo nel 1984 con Robert Redford nei panni del protagonista, e Il commesso) e insegnante di scrittura creativa. Dalle sue lezioni, dai suoi saggi e dalle sue interviste Francesco Longo ha estrapolato per minimum fax una serie di riflessioni sulla letteratura raccolte nel volume Per me non esiste altro – la lettura come dono, lezioni di scrittura. Questa raccolta dovrebbe essere letta (e riletta, e riletta) da ogni aspirante scrittore. Di conseguenza, ho scelto di proporre tre frammenti; il primo riguarda l’importanza della riservatezza: Uno scrittore non dovrebbe mai svelare i segreti del suo lavoro, soprattutto quando è ancora in attività. O almeno, a me dà fastidio raccontarli. La scrittura è una cosa così fragile, ed è strettamente legata alla capacità di continuare a mantenere vive le illusioni. Hemingway non parlava mai delle sue storie, perché se ne parli le racconti e si dissolvono. Successivamente Malamud rivolge la propria attenzione all’onesta: Forse lo strumento di base per determinare l’ampiezza e la qualità del talento è capire quanto può essere onesto uno scrittore. Alcuni uomini e donne raggiungono un’onestà vera. La chiave potrebbe essere…
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La definizione di arte e narrativa secondo la grandissima Flannery O’Connor

Flannery O’Connor (1925-1964) è stata una delle scrittrici più importanti del secolo scorso, nonostante abbia iniziato a soffrire fin dai venticinque anni di una malattia cronica autoimmune – lupus eritematoso sistemico – che l’ha portata alla morte prima di compiere i quaranta. Flannery O’Connor è nata a Savannah, in Georgia, e essere un abitante del Sud, prima ancora che una scrittrice del Sud, è una caratteristica fondamentale della sua narrativa. Ha scritto due romanzi e una trentina di racconti (in Italia, un’edizione della Bompiani li raccoglie tutti), ed è stata invitata spesso a tenere conferenze all’interno di scuole e università. Il volume edito da minimun fax, intitolato  Nel territorio del diavolo – Sul mistero di scrivere  comprende alcuni interventi dell’autrice. Rivolgendosi agli studenti di un corso di scrittura, Flannery O’Connor definì il proprio concetto di arte: […] A questo punto sarà meglio che mi fermi e spieghi l’uso che faccio della parola arte. Arte è una parola davanti alla quale la gente batte subito in ritirata, perché troppo altisonante. Ma io, per arte, intendo semplicemente scrivere qualcosa che sia dotato in sé di valore e di efficacia. Base dell’arte è la verità, nella sostanza come nella forma. Chi nella propria opera…
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La concezione del dolore secondo David Lynch

David Lynch è regista e sceneggiatore di film noti per la componente surrealista, le sequenze oniriche e l’uso di simboli di difficile interpretazione. Ancora oggi, sul web, fan accaniti e spettatori occasionali discutono sul significato dei suoi film, anche di quelli usciti più di trent’anni fa. Lynch è decisamente restio a parlare dei suoi film; ad esempio non ha mai voluto commentare il significato della chiave e della scatola di Mulholland Drive, anche se in riferimento allo stesso film ha indicato una lista di dieci indizi (dieci domande) per la comprensione dell’opera. Il suo atteggiamento ha aumentato l’alone di mistero che avvolge la sua produzione, e anche numerose critiche. Nel 2006 Lynch ha pubblicato In acque profonde, libro che raccoglie le sue riflessioni sulla vita, sul cinema, sulla meditazione e sulla creatività. Nell’opera Lynch conferma la riluttanza a parlare dei suoi lavori: I commenti del regista aprono la strada alla possibilità che il pubblico cambi la propria interpretazione della cosa in assoluto più importante: il film. Non sminuisco affatto l’importanza di raccontare gli aneddoti che circondano un film, ma commentarlo durante le riprese è un sacrilegio.   Penso invece che bisognerebbe cercare di guardarlo tutto dall’inizio alla fine, possibilmente in…
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