Uomini e topi di John Steinbeck
Capita spesso, nei film e nelle serie ambientate negli Stati Uniti, che un personaggio si appresti a leggere, per obbligo di corso di studi o per piacere personale, Uomini e topi (in originale Of Mice and Men) di John Steinbeck.
Il successo dell’opera – da cui sono stati tratti tre film; il più famoso dei quali è probabilmente quello del 1992, che vede John Malkovich e Gary Sinise nei ruoli principali – deriva, oltre che dal talento dell’autore, dai temi trattati.
La voce di George si fece più cupa. Ripeteva le parole, cadenzate, come le avesse pronunciate tante volte. «Gente come noi, che lavora nei ranches, è la gente più abbandonata del mondo. Non hanno famiglia. Non sono di nessun paese. Arrivano nel ranch e raccolgono una paga, poi vanno in città e gettano via la paga, e l’indomani sono già in cammino alla ricerca di lavoro e d’un altro ranch. Non hanno niente da pensare per l’indomani».
Lennie era felice. «È così, è così. E adesso dimmi com’è per noi».
George riprese. «Per noi è diverso. Noi abbiamo un avvenire. Noi abbiamo qualcuno a cui parlare, a cui importa qualcosa di noi. Non ci tocca di sederci all’osteria e gettar via i nostri soldi, solamente perché non c’è un altro posto dove andare. Ma se quegli altri li mettono in prigione, possono crepare perché a nessuno gliene importa. Noi invece è diverso».
Uomini e topi è ambientato in California nel periodo successivo alla crisi del 1929, e i due protagonisti, George Milton e Lennie Small, sono braccianti che si guadagnano da vivere spostandosi da un ranch all’altro.
È una condizione di per sé difficile, aggravata da una circostanza che giocherà un ruolo fondamentale nella storia e che causa, ai due amici, difficoltà nell’ essere ingaggiati. Lennie, imponente e forte come un toro – cosa che lo renderebbe idoneo a tanti lavori – è affetto da un ritardo mentale che lo rende, malgrado le sue buone intenzioni, pericoloso. Per esempio gli capita di uccidere, strangolandoli, cagnolini e conigli che vorrebbe solo accarezzare. George, minuto e scaltro, cerca di occuparsi di lui.
È un bravo ragazzo. Non c’è bisogno di troppo cervello per essere un bravo ragazzo. Qualche volte mi pare anzi che il cervello faccia l’effetto opposto. Prendete uno che sia davvero in gamba, è difficile che sia una brava persona.
Proprio il fatto di essere in due a aiutarsi a vicenda rincuora i due amici, li fa sentire più sicuri in un universo caratterizzato dalla violenza e dai soprusi, oltre che razzista (si vedano le angherie subite dal personaggio del vecchio nero Crooks).
Uomini e topi ci coinvolge – e continuerà a coinvolgerci in futuro – perché propone l’eterna lotta di chi è sfavorito. È un romanzo che va oltre il classico sogno americano di realizzarsi nel lavoro; è un’opera sull’amicizia e la comprensione, sull’aggressività umana e sull’inesorabilità del destino, che si compirà tragicamente in uno dei finali più toccanti e famosi di tutta la letteratura americana.
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