Il mio anno preferito – raccolta a cura di Nick Hornby

il mio anno preferito

Il consiglio di lettura de Il mio anno preferito tiene conto sia del valore dell’opera, naturalmente, che di un altro fattore.

Con l’avvicinarsi dei mondiali di calcio (qui avevamo parlato di un’altra lettura inerente), lo storytelling sportivo sta aumentando in maniera esponenziale la propria offerta.

Ogni giorno ci vengono proposti documentari, servizi e articoli che, pur avendo titoli diversi, raccontano varie storie mondiali, spaziando dalla partita del secolo (la famosissima Italia-Germania 4 a 3, che ispira anche l’omonimo film di Andrea Barzini, che in realtà parla più degli anni 70 nel nostro Paese che della partita), alla Mano de Dios di Maradona contro gli inglesi, al malore di Ronaldo alla vigilia della finale del ’98.

Questo entusiasmo sportivo, o meglio calciofilo, mi spinge a un consiglio di lettura che sposa l’argomento ma va in una direzione diversa: Il mio anno preferito a cura di Nick Hornby.

Il mio anno preferito è una raccolta di tredici racconti a sfondo calcistico, ad opera di altrettanti scrittori britannici appassionati di calcio, che hanno scelto di raccontare, come si evince dal titolo, il proprio anno preferito tra le stagioni che hanno vissuto da tifosi.

Proprio per questo andiamo in una direzione diversa rispetto alle storie mondiali che sentiamo raccontare in questo periodo.

Solo il primo racconto, Repubblica è una bellissima parola di Roddy Doyle, firma più famosa della raccolta insieme a Nick Hornby, e vincitore del Booker Prize nel 1994 con Paddy Clark ah ah ah!, si muove sullo sfondo della Coppa del Mondo raccontando l’inaspettata e gloriosa partecipazione dell’Irlanda a Italia 90.

Gli altri autori hanno scelto invece di parlare del club del proprio cuore, e le stagioni scelte non sono sempre quelle culminate in trionfo; al contrario, abbondano aspettative tradite e tonfi clamorosi.

Va detto che il lettore italiano rischia di perdere qualche sfumatura, dato che alcune delle stagioni narrate si sono svolte nelle serie minori inglesi, e probabilmente anche il più appassionato tifoso di calcio, quello che oltre alla Serie A e le coppe internazionali segue i campionati stranieri, non ricorderà, per esempio, i giocatori con cui il Watford ha affrontato il campionato di Third Division del 1974/75.

Ma questo non toglie il piacere della lettura, perché i vari autori, oltre a padroneggiare in maniera sapiente l’arte della narrativa, conoscono bene vizi e virtù dei propri colleghi (o avversari) di tifo, e ogni appassionato potrà riconoscersi nell’ansia della vigilia, nella gioia della vittoria o nella delusione del fallimento.

Diversi ma tutti credibili i tifosi che incontreremo all’interno della raccolta, andando dall’inguaribile ottimista al suo opposto, convinto di perdere anche se si trova in vantaggio di tre reti a un minuto dalla fine della partita. Non manca, e non può non far sorridere chi abbia frequentato gli ambienti calcistici, la figura del tifoso che si vanta di non saltare una trasferta della propria squadra ma poi, alla vigilia di ogni gara esterna, trova la scusa per restare a casa.

La narrativa sportiva è composta da un numero incalcolabile di titoli, naturalmente diversissimi l’uno da l’altro, ma per finalità di semplificazione possiamo dividerla in due macro-categorie: la pura fiction da un lato (tra cui citare, per esempio, Il migliore di Bernard Malamud, L’arte di vivere in difesa di Chad Harbach, o il surreale Il grande romanzo americano di Philip Roth) e quel tipo di storytelling che, pur con stile e ritmo da romanzo, rimane fedele alla cronaca sportiva facendola restare al centro dell’opera.

Il mio anno preferito si trova, in un certo, a metà strada: se è vero che i giocatori, le squadre e le partite di cui si parla non sono frutto dell’immaginazione di chi scrive, ma assolutamente reali, è anche vero che non rappresentano il cuore della raccolta, che invece è la passione (in questo caso verso il calcio, ma potrebbe essere per qualsiasi altra cosa), i sogni che ispira e il modo in cui condiziona il nostro comportamento.

Ho amato particolarmente un passaggio proprio del primo racconto, Repubblica è una bellissima parola di Roddy Doyle, che come già detto ripercorre la partecipazione dell’Irlanda ai mondiali italiani del ’90. Per gli irlandesi, raggiungere i quarti di finale eliminando, nel turno precedente, la Romania ai calci di rigore è stata una vera impresa. Il tiro decisivo, realizzato da David O’Leary, ha ispirato questa riflessione dell’autore:

Il giorno dopo al telegiornale della RTE vidi un’intervista alla moglie di David O’Leary – si chiama Joy, credo. Era andata in giardino durante i rigori. E il figlio era corso fuori a dirglielo. Lei non ci voleva credere. Ma poi gli aveva creduto. Invidiavo lei e David e il figlio. A me non sarebbe mai capitata una cosa del genere.
<<Mamma, mamma; papà ha appena finito un altro romanzo!>>
<<Non dire sciocchezze, tesoro>>
<<È vero, è vero>>
<<Oh, Dio!>>

 

Consigli di lettura su romanzi di autori britannici:

Una donna di mondo di William Somerset Maugham

Quel che resta del giorno di Kazuo Ishiguro

Il condominio di J.G. Ballard

Cortesie per gli ospiti di Ian McEwan

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