Un personaggio come simbolo – Charlie in Follia di Patrick McGrath

Premessa: lo scritto che segue svela buona parte del finale di Follia di Patrick McGrath, di cui trovate il consiglio di lettura qui.Follia di Patrick McGrath

In quasi tutti i manuali di scrittura creativa leggiamo che un personaggio non dinamico, che non si muove, non si evolve, non è un personaggio utile. Come qualsiasi concetto, anche questo ha un’eccezione. Nella narrativa possiamo trovare, infatti, personaggi che, pur non compiendo azioni, pur essendo inerti, svolgono un ruolo importante nella trama; basti pensare a romanzi, film e opere teatrali in cui un personaggio pesa per la sua assenza, e la sua attesa muove le redini della suspense.

In Follia, di Patrick McGrath, troviamo un esempio di personaggio che esercita un ruolo importante sugli altri: Charlie. Va detto subito che Charlie non è un personaggio del tutto assente, al contrario compare spesso nel romanzo e compie varie azioni, però, a mio avviso, più che per scelta le compie perché è costretto a compierle (si potrebbe discutere se dal destino, dagli altri personaggi o dalla trama, a seconda dei punti di vista, ma non è questo il punto), e potremmo anche considerarlo un simbolo.

Per capire meglio, servono alcune indicazioni sulla trama: Follia è la storia dell’ossessione amorosa tra Stella Raphael, moglie dello psichiatra criminale Max e madre del piccolo Charlie, e Edgar Stark, un artista detenuto per aver ucciso in maniera particolarmente efferata la moglie. La passione tra Stella e Edgar porterà naturalmente conseguenze gravose non solo per loro due ma anche per altri personaggi, e il prezzo più alto lo pagherà proprio Charlie che perderà la vita, poco prima della fine del romanzo, in circostanze drammatiche.

All’inizio della storia, Stella è delusa e annoiata dalla propria vita e soprattutto dal marito, che considera freddo e privo di fantasia; Edgar Stark, invece, la affascina subito con la propria passione e la propria sensibilità. Stella non sente la pressione della società per cui lasciare un rispettato professionista per un detenuto è da folli (a proposito del titolo); ciò che la frena, pur temporaneamente, è il pensiero di suo figlio Charlie.

Temporaneamente, perché quando Edgar evade, dopo qualche tentennamento, Stella non esita a raggiungerlo, imponendosi di non pensare a suo figlio. Qualcuno potrebbe chiedersi: ma se Charlie non riesce a trattenere sua madre, che utilità ha per la trama? Ne ha molta, ovviamente, perché c’è una grande differenza, nella percezione del lettore, tra una donna che scappa da una vita a cui niente più la lega e una donna che scappa lasciandosi dietro un figlio.

Quando, più avanti, Stella tornerà (perché costretta) a casa, e la quotidianità col marito Max sarà un inferno, Charlie sarà l’unico elemento a tenere, sempre temporaneamente e non senza grandi dolori per tutti, la famiglia insieme. Charlie, di fatto, permette per qualche tempo a Stella di alternarsi tra la voglia di riprendersi e quella di lasciarsi andare, fino al drammatico finale.

Charlie, quindi, con la sua inconsapevolezza ha un grosso peso nella storia, ed è, dicevamo sopra, un simbolo; in verità, può simboleggiare diversi elementi: l’innocenza, il passato, il fatto che determinate azioni ricadano su chi non ha colpe.

Ciò che è importante sottolineare è che un lettore non ama rendersi conto di trovare un simbolo; i simboli, infatti, devono essere ben celati dentro la storia. La narrativa deve intrattenere, appassionare, e deve dar vita alla sospensione dell’incredulità.

Ogni volta che si incontra qualcosa di artefatto, tale sospensione viene meno. In riferimento a Charlie, la grandezza di McGrath sta nel fatto che ci mostra azioni e comportamenti di un bambino normale, non ci fa capire di essere di fronte a un agnellino da immolare.

McGrath non ci fa provare una continua pena per Charlie, e anche se non mancano i passaggi struggenti come ogni volta che il bambino scopre i genitori intenti a litigare, o chiede a sua madre se possono essere amici, ce ne sono altri in cui il bambino mostra una parvenza di serenità, essendo intento in un gioco o un progetto con l’impazienza tipica dei bambini, oppure correndo goffamente verso posti che gli sarebbero proibiti, o annoiando i genitori – se non anche chi legge – con domande ripetute in momenti inopportuni.

In conclusione, nello sviluppo del personaggio di Charlie, McGrath ci ricorda come tutto ciò che fa parte di un romanzo – indipendentemente dal motivo per cui si trova davvero dentro l’opera – deve essere presentato al lettore come qualcosa di assolutamente vero, a cui si può credere.

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