Tag Archive: Romanzo

A proposito di incipit – come inizia Moby Dick

Si potrebbero dividere i lettori in due gruppi: quelli che scelgono in base all’immagine di copertina, al titolo o alla sinossi, e quelli che in libreria non possono fare a meno di aprire il volume che hanno tra le mani per leggere il primo periodo o la prima pagina. Agli appartenenti al secondo gruppo non interessa tanto sapere di cosa parla l’autore, quanto come parla. Vogliono assaporarne la voce, perché, se lo sceglieranno, procederanno insieme per un percorso di qualche centinaio di pagine. Esistono incipit così famosi da essere noti anche a chi non ha letto la relativa opera, come per esempio: Chiamatemi Ismaele (da Moby Dick); Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera (dalla Recherche di Proust, ripreso da Sergio Leone in C’era una volta in America); Tutte le famiglie felici si assomigliano tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo (da Anna Karenina). Dell’importanza dell’inizio di una storia ha trattato Italo Calvino nelle sue Lezioni americane (vedi qui) (nell’appendice intitolata Cominciare e finire; molto famoso è il suo discorso sul momento del distacco dalla molteplicità dei possibili). In realtà praticamente ogni autore (da Flaubert a Raymond Carver, da Čechov a Jack London) ha sottolineato…
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Saltatempo di Stefano Benni

Saltatempo, romanzo di Stefano Benni (di cui abbiamo già visto qui  Bar Sport), inizia con un incontro inusuale: il protagonista, Lupetto, detto Saltatempo, negli anni cinquanta frequenta la elementari e vive in montagna; un giorno, mentre scarpagnava, cioè camminava a saltelli per via del dislivello, verso la scuola, ha incontrato un Dio, con le fattezze di un uomo alto come una nuvola, con una barba immensa color letamaio, scortata da mosche, tutto vestito di strati e stracci, con una capparella nera rappezzata di toppe lustre. Ha un bastone di pero e un cane vecchio, ma vecchio che ha annusato chissà quante pisce di tirannosauro, e zoppica e rantola come se fosse pieno di brodo. Il dio ha un regalo speciale per Saltatempo: un orobilogio.   – Non ti spaventare, ma tu vivrai sempre con due orologi, uno fuori e uno dentro. Quello fuori ti sarà utile per non fare tardi a scuola, quando aspetti la corriera e il giorno che muori, per calcolare quanto hai vissuto. L’altro, che comprende centosettantasei tempi protologici, novanta escatologici e trentasei tempi romanzati caotici, l’hai ingoiato da piccolo, anche se non ricordi. Chiamalo pure secondo orologio, anzi orobilogio. Ogni volta che sentirai il suo ticchettio, il…
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Carrère tra La settimana bianca e L’avversario

Il primo libro di Emmanuel Carrère che ho letto, qualche anno fa, su consiglio di un amico, è stato Vite che non sono la mia. Mi è piaciuto tanto da spingermi in libreria alla ricerca di altre sue opere. Senza prima documentarmi – cosa per me inusuale – ho scelto La settimana bianca e L’avversario, leggendoli esattamente in quest’ordine. In maniera del tutto casuale, ho avuto la fortuna di assaporare un pre e un post della produzione dell’autore parigino, attraverso due libri che condividono il punto di partenza ma prendono direzioni opposte. L’origine è un fatto di cronaca: nel gennaio del 1993 un uomo, Jean-Claude Romand, uccide la moglie, i figli, i propri genitori, perfino il cane, e tenta di togliersi la vita. Non riuscendoci, viene arrestato per poi, nel luglio del 1996, essere condannato all’ergastolo. Una strage familiare come – purtroppo – tante altre, ma ciò che stupisce, e a cui si fa fatica a credere, è che in precedenza Romand ha finto per ben diciassette anni di lavorare come medico. In realtà aveva fallito l’ammissione al secondo anno, e da lì lasciato gli studi. Nel 1993 Carrère, pur non avendo la fama internazionale che raggiungerà in seguito, può…
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Dentro una scrittura, e dentro una camera

Il sottotitolo del sito, dentro una scrittura, è legato al titolo del mio romanzo d’esordio: Dentro una camera. Dentro una camera, a sua volta, per una delle tante magiche correlazioni che regala la narrativa, è legato all’argomento della scrittura. La camera a cui fa riferimento il titolo è il luogo ideale in cui i tre protagonisti affrontano le proprie insicurezze e le proprie frustrazioni, ma è anche un luogo fisico, e cioè la stanza in cui Umberto si rinchiude per scrivere. Si tratta per lui di un rifugio, che però potrebbe anche – e Umberto lo sa bene – diventare una prigione, qualora le sue storie, e lui con loro, non riuscissero a uscire da lì dentro. Raymond Carver diceva che un aspirante scrittore non dovrebbe raccontare di uno scrittore. Oggi tantissimi narratori affermati, editor e manuali di scrittura creativa ripetono lo stesso consiglio. In Dentro una camera non ho raccontato solo di un aspirante scrittore; ho parlato anche, più in generale, di scrittura. Non l’ho fatto per andare gratuitamente contro un suggerimento ribadito da fonti autorevoli, ma ho sentito di dover seguire un altro suggerimento spesso ricordato a chi vuole raccontare storie: scrivi di ciò che per te è…
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