Sullo scrivere

Cosa imparare da un fallimento – L’importanza della teoria nella scrittura creativa

Quando si parla di studio di scrittura creativa in molti, ancora oggi, rimangono perplessi. Questo dipende, probabilmente, dall’idea di libertà che la scrittura porta con sé, e dal considerare lo studio di regole e tecniche come una limitazione di tale libertà. Si potrebbero dividere gli aspiranti scrittori in due macrocategorie: quelli che finora hanno solo pianificato, o immaginato, di scrivere, e quelli che ci hanno provato sul serio. Sicuramente i secondi si saranno già resi conto di quanto studiare le difficoltà che una narrazione porta con sé sia indispensabile per superarle. Voglio raccontarvi di un mio amico. Questo amico – d’ora in poi sarà X – un giorno mi disse di voler scrivere un romanzo basandosi su una sua esperienza; nello specifico, si trattava di un trimestre di lavoro all’estero. X mi aveva precedentemente raccontato molto di questa sua esperienza, e sapevo che durante quel periodo della sua vita aveva conosciuto persone interessanti e si era trovato in situazioni bizzarre. Insomma, X aveva molto materiale per strutturare una trama appassionante e personaggi capaci di stupire. Purtroppo, però, X non sapeva da che parte cominciare, e mi chiese aiuto. Consegnai a X una lista di domande a cui avrebbe dovuto rispondere…
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Le Lezioni americane di Italo Calvino

Per sottolineare la duttilità delle Lezioni americane di Italo Calvino basti dire che quando, qualche anno fa, a Giovanni Trapattoni, uomo di sport, venne chiesto di tenere un discorso per dei dirigenti delle poste svizzere e tedesche sul peso della parola, l’allenatore utilizzò, per prepararsi, proprio l’opera in questione. Il libro nasce dall’invito, da parte dell’Università di Harvard, riguardante un ciclo di sei lezioni. Al momento della morte, Calvino (di cui abbiamo suggerito la lettura di Se una notte d’inverno un viaggiatore qui) aveva completato la stesura di cinque lezioni e raccolto materiale per la sesta. I temi delle sei lezioni americane di Italo Calvino sono: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità, iniziare e finire (il titolo originale della sesta lezione sarebbe stato Consistency). Nel trattare ogni argomento, Calvino usa fonti nobili e popolari, citando Dante e Leopardi insieme a proverbi e leggende di determinate aree geografiche. Fra tutte le lezioni, quella più citata, quella che è entrata maggiormente nell’immaginario collettivo è la prima, dedicata alla leggerezza, ma per invogliare alla lettura di questo volume preferisco riportare una parte della lezione dedicata all’esattezza. Cercherò prima di tutto di definire il mio tema. Esattezza vuol dire per me soprattutto tre cose: 1) un disegno dell’opera…
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Tre consigli di Bernard Malamud

Bernard Malamud (1914-1986) è stato autore di racconti e romanzi (tra cui Il migliore, portato sul grande schermo nel 1984 con Robert Redford nei panni del protagonista, e Il commesso) e insegnante di scrittura creativa. Dalle sue lezioni, dai suoi saggi e dalle sue interviste Francesco Longo ha estrapolato per minimum fax una serie di riflessioni sulla letteratura raccolte nel volume Per me non esiste altro – la lettura come dono, lezioni di scrittura. Questa raccolta dovrebbe essere letta (e riletta, e riletta) da ogni aspirante scrittore. Di conseguenza, ho scelto di proporre tre frammenti; il primo riguarda l’importanza della riservatezza: Uno scrittore non dovrebbe mai svelare i segreti del suo lavoro, soprattutto quando è ancora in attività. O almeno, a me dà fastidio raccontarli. La scrittura è una cosa così fragile, ed è strettamente legata alla capacità di continuare a mantenere vive le illusioni. Hemingway non parlava mai delle sue storie, perché se ne parli le racconti e si dissolvono. Successivamente Malamud rivolge la propria attenzione all’onesta: Forse lo strumento di base per determinare l’ampiezza e la qualità del talento è capire quanto può essere onesto uno scrittore. Alcuni uomini e donne raggiungono un’onestà vera. La chiave potrebbe essere…
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Jack London agli aspiranti scrittori

Jack London, autore – tra gli altri – di Zanna bianca, Il richiamo della foresta, Martin Eden, Il tallone di ferro, Il vagabondo delle stelle, è stato pescatore clandestino, cercatore d’oro, lavandaio, pugile, coltivatore, corrispondente di guerra (in occasione del conflitto russo-giapponese), fino a diventare, dopo innumerevoli tentativi, uno scrittore tanto famoso da essere considerato il più pagato degli Stati Uniti. All’apice della fama, Jack London ricevette numerose richieste di suggerimenti da parte di aspiranti scrittori. Oltre a rispondere direttamente, pubblicò su riviste e giornali una serie di articoli sulla scrittura. Una selezione di lettere e articoli è raccolta nel volume Pronto soccorso per scrittori esordienti, edito da minimum fax. London parte dalla domanda Come si fa a essere originali? Per lui è fondamentale avere una propria filosofia di vita, un proprio modo di vedere il mondo, acquisibile con l’esperienza (nel suo caso, i tantissimi lavori svolti furono fondamentali) e lo studio. Riuscendo a non essere sciocche banderuole che cambiano direzione allo spirare di qualsiasi brezza…  […] L’unico modo per conquistarsi una propria filosofia di vita è cercarla, estraendo dalla conoscenza e dalla cultura del mondo i materiali che vanno a comporla…  […] Devi studiare. Devi arrivare a interpretare il volto della…
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La definizione di arte e narrativa secondo la grandissima Flannery O’Connor

Flannery O’Connor (1925-1964) è stata una delle scrittrici più importanti del secolo scorso, nonostante abbia iniziato a soffrire fin dai venticinque anni di una malattia cronica autoimmune – lupus eritematoso sistemico – che l’ha portata alla morte prima di compiere i quaranta. Flannery O’Connor è nata a Savannah, in Georgia, e essere un abitante del Sud, prima ancora che una scrittrice del Sud, è una caratteristica fondamentale della sua narrativa. Ha scritto due romanzi e una trentina di racconti (in Italia, un’edizione della Bompiani li raccoglie tutti), ed è stata invitata spesso a tenere conferenze all’interno di scuole e università. Il volume edito da minimun fax, intitolato  Nel territorio del diavolo – Sul mistero di scrivere  comprende alcuni interventi dell’autrice. Rivolgendosi agli studenti di un corso di scrittura, Flannery O’Connor definì il proprio concetto di arte: […] A questo punto sarà meglio che mi fermi e spieghi l’uso che faccio della parola arte. Arte è una parola davanti alla quale la gente batte subito in ritirata, perché troppo altisonante. Ma io, per arte, intendo semplicemente scrivere qualcosa che sia dotato in sé di valore e di efficacia. Base dell’arte è la verità, nella sostanza come nella forma. Chi nella propria opera…
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La concezione del dolore secondo David Lynch

David Lynch è regista e sceneggiatore di film noti per la componente surrealista, le sequenze oniriche e l’uso di simboli di difficile interpretazione. Ancora oggi, sul web, fan accaniti e spettatori occasionali discutono sul significato dei suoi film, anche di quelli usciti più di trent’anni fa. Lynch è decisamente restio a parlare dei suoi film; ad esempio non ha mai voluto commentare il significato della chiave e della scatola di Mulholland Drive, anche se in riferimento allo stesso film ha indicato una lista di dieci indizi (dieci domande) per la comprensione dell’opera. Il suo atteggiamento ha aumentato l’alone di mistero che avvolge la sua produzione, e anche numerose critiche. Nel 2006 Lynch ha pubblicato In acque profonde, libro che raccoglie le sue riflessioni sulla vita, sul cinema, sulla meditazione e sulla creatività. Nell’opera Lynch conferma la riluttanza a parlare dei suoi lavori: I commenti del regista aprono la strada alla possibilità che il pubblico cambi la propria interpretazione della cosa in assoluto più importante: il film. Non sminuisco affatto l’importanza di raccontare gli aneddoti che circondano un film, ma commentarlo durante le riprese è un sacrilegio.   Penso invece che bisognerebbe cercare di guardarlo tutto dall’inizio alla fine, possibilmente in…
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Stephen King sul luogo in cui scrivere

Stephen King non ha scritto solo narrativa di genere di grande successo (Carrie, Shining, It, Misery); è anche autore di opere più “letterarie”, come i racconti contenuti nella raccolta Stagioni diverse, da cui sono stati tratti i film Le ali della libertà e Stand by me – Ricordo di un’estate. Nel 2000 King ha pubblicato On Writing: Autobiografia di un mestiere. L’opera, che in parte racconta la vita dello stesso King e in parte è un manuale di scrittura, viene tutt’oggi consigliata in numerose scuole di scrittura creativa. Tra i vari argomenti toccati, King dedica attenzione al luogo in cui si scrive, sottolineando fin da subito l’importanza, per un aspirante scrittore, di avere un posto tutto per sé. Si può leggere quasi dovunque, ma per quanto riguarda la scrittura, le scrivanie con separatori delle biblioteche, le panchine dei parchi e le sistemazioni temporanee dovrebbero rappresentare l’ultima spiaggia. Non c’è bisogno di un arredamento da villa di Playboy o uno scrittoio d’epoca a serrandina dove riporre gli strumenti del mestiere. Il vostro può essere un angolo modesto (anzi, forse è preferibile che lo sia, come credo di avere accennato), con un solo particolare davvero necessario: una porta che siete disposti a chiudere….
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I luoghi della scrittura

Molti insegnanti di scrittura creativa, per motivare i propri studenti a esercitarsi con costanza, consigliano di creare un ambiente più confortevole possibile dove scrivere. Un tavolo su cui può trovare spazio tutto quello che ci serve, una sedia comoda, una stanza ben illuminata. Può essere utile anche l’abitudine di immaginarci, durante le nostre giornate, seduti in quel posto a scrivere. Visualizzarci lì, con un sottofondo musicale tanto rilassante quanto stimolante, e con accanto un caffè bollente, o una tisana, o un bicchierino di amaro, accrescerà il nostro desiderio di scrivere, e ci aiuterà a cogliere ogni occasione per farlo, evitando di rimandare. Personalmente, il mio luogo ideale per scrivere è una stanza in cui, pur avendo a disposizione tutto ciò che può servirmi, sono costretto a scrivere. Cerco di spiegarmi meglio tramite un esempio: a volte, mentre scrivo, sento la necessità di accendere la televisione per seguire un notiziario, o una partita, o semplicemente per sentire una voce. Perciò nella stanza dove scrivo abitualmente deve esserci un televisore, altrimenti sarò costretto a lasciare la stanza. Di contro, però, non devo distrarmi troppo dalla scrittura, e allora il televisore sarà posizionato di sbieco rispetto alla scrivania, così che un po’ lo…
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Perché non si può scrivere della persona che si ama secondo Richard Ford

A volte capita, a chi scrive, di sentirsi rivolgere una certa domanda. È una domanda che non ha nulla a che fare con il livello di bravura o notorietà raggiunti dall’autore in questione, e che sicuramente verrà posta da una persona importante per l’autore stesso. La domanda è: perché non scrivi mai di me? A chiederlo può essere un genitore, un amico, un cugino. Ma soprattutto, a chiederlo, può essere la persona che si ama. Questa è l’ipotesi peggiore, perché con un genitore, un amico o un cugino è più facile superare un malinteso, mentre con la persona amata un’incomprensione potrebbe via via diventare un macigno. Ho parlato di malintesi e incomprensioni perché a questa domanda è difficilissimo rispondere. Già parlare di quello di cui si è scelto scrivere non è semplice; spiegare ciò che si è voluto – o dovuto – lasciare fuori è ancora più complesso. Inoltre, è molto probabile che pur riuscendo a formulare una risposta quanto più chiara e specifica possibile, la persona che ci ha interrogato non riesca a comprenderla davvero. Sull’argomento ha scritto due pagine bellissime il grande Richard Ford. Il suo personaggio di maggior successo è Frank Bascombe, protagonista e io narrante dell’omonima…
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L’influenza della notte sull’artista e sull’uomo – Sepùlveda e la foresta

Scrivere di notte, e anche leggere, ha tutto un altro sapore rispetto al farlo con la luce del sole che entra dalla finestra, e di questo mi sono convinto presto. Luis Sepùlveda è l’autore del primo libro che ho letto per caso. Fino a un certo punto della mia vita avevo letto solo quei romanzi – di Avventura per ragazzi – che mi erano stati specificatamente regalati da qualcuno. Poi, nell’estate del ’96, durante la villeggiatura al mare, qualcuno lasciò su una mensola della stanza in cui dormivo una copia de Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare. Per qualche notte – se non ricordo male all’epoca avevo il coprifuoco a mezzanotte – dopo essere tornato a casa e prima di spegnere la luce passai un po’ di tempo con gli animali protagonisti di questa storia. Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare viene considerata una favola per bambini, tanto che spesso la sua lettura è consigliata agli studenti delle scuole elementari o medie, anche se in realtà, visto che parla di accettare e aiutare il diverso, potrebbe essere indicata anche per molti adulti. Ma se Storia di una gabbianella e…
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