Articoli recenti

Follia di Patrick McGrath

<<E in ogni caso io sono un medico, non ho nulla da rimproverare a chi si ammala. E come potrei rimproverare a te di esserti innamorata?>>. Queste parole del dottor Peter Cleave, che in Follia svolge il ruolo del narratore, rendono al meglio l’atmosfera del romanzo di Patrick McGrath pubblicato nel 1996. La vicenda è ambientata nel 1959, quando i coniugi Raphael, Max e Stella, si sono da poco trasferiti in un ospedale psichiatrico fuori Londra. Max è psichiatra criminale come Peter Cleave e Jack Straffen, il direttore dell’ospedale, a cui Max spera di succedere. Stella, invece, non spera nulla; vive nella noia, soffre la mancanza di fantasia del marito, e quando incontra Edgar Stark mette in discussione tutta la propria esistenza. Edgar è ricoverato nell’ospedale psichiatrico perché è un omicida, un violento, ma è anche un artista, un uomo passionale e sorprendente, e l’enorme divario tra lui e Max Raphael pone a Stella dei dubbi che, in realtà, la donna supererà presto. Infatti, nel romanzo, l’incontro tra Stella e Edgar avviene quasi subito, e subito il lettore capisce che i due non possono né vogliono resistere all’attrazione che li unisce. Le prime cinquanta, sessanta pagine, di conseguenza, non sono…
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Una lezione di ignoranza di Daniel Pennac – I passeur

Daniel Pennac, autore prolifico nel campo della narrativa, della saggistica, del fumetto e del teatro, noto soprattutto per il ciclo di Malaussène, nel 2013 è stato insignito della Laurea ad Honorem per il suo impegno nella pedagogia presso l’Università di Bologna. In quell’occasione Pennac ha tenuto una Lectio magistralis il cui contenuto è stato in seguito riportato in un breve volume edito da Astoria nella collana Assaggi. La lezione si divide in cinque parti: La voce del mio cattivo genio; Pedagoghi e Demagoghi; Dare da leggere; I guardiani del tempio; I passeur. A seguire, un estratto proprio dalla quinta parte: I passeur Altri, per fortuna – professori, critici letterari, librai, bibliotecari – preferiscono essere dei passeur. Ed è ben più di un ruolo, è un modo di essere, un comportamento. I passeur sono curiosi di tutto, leggono tutto, non si accaparrano niente e trasmettono il meglio al maggior numero di persone. Passeur sono i genitori che non pensano soltanto ad armare i figli di letture utili a farli laureare al più presto, ma che, conoscendo il valore inestimabile della lettura in sé, sperano di farne lettori di lungo corso. Passeur è il professore di lettere la cui lezione ti fa…
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La strada di Cormac McCarthy

La strada, romanzo vincitore del James Tait Black Memorial Prize nel 2006 e del Premio Pulitzer per la narrativa nel 2007, è al momento l’ultimo romanzo scritto da Cormac McCarthy, già autore, tra gli altri, di Non è un paese per vecchi (da cui l’omonimo film) e della Trilogia della frontiera . La storia de La strada si svolge in un ipotetico futuro post-apocalittico, ambientazione che riporta alla mente Kenshiro (ma senza arti marziali) per chi è nato negli anni ottanta o The Walking Dead (ma senza zombi) per chi è più giovane. A parte il riferimento a cartoni e serie tv, va detto che molti romanzieri sono stati affascinati dalla descrizione di un futuro postapocalittico (possiamo citarne tre diversissimi tra loro: Jack London, Stephen King e stesso Stefano Benni), e che, in genere, una caratteristica di questo filone è che la narrazione non dedica molta attenzione a cosa sia successo; ormai è successo, ciò che importa sono le conseguenze, naturalmente tragiche. Cormac McCarthy segue questo tipo di impostazione, e La strada inizia in medias res, con un uomo e un bambino – sono padre e figlio, e non sapremo mai i loro nomi – che si trascinano già da…
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A proposito di incipit – Come inizia Cent’anni di solitudine

Si potrebbero descrivere i lettori in due gruppi: quelli che scelgono cosa leggere in base all’immagine di copertina, al titolo o alla sinossi, e quelli che in libreria non possono fare a meno di aprire il volume che hanno tra le mani per leggere il primo periodo o la prima pagina. Agli appartenenti al secondo gruppo non interessa tanto sapere di cosa parla l’autore, quanto come parla. Vogliono assaporarne la voce, perché, se lo sceglieranno, procederanno insieme per un percorso di qualche centinaio di pagine. Esistono incipit così famosi da essere noti anche a chi non ha letto la relativa opera, come per esempio: Chiamatemi Ismaele (da Moby Dick); Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera (dalla Recherche di Proust, ripreso da Sergio Leone in C’era una volta in America); Tutte le famiglie felici si assomigliano tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo (da Anna Karenina). Dell’importanza dell’inizio di una storia ha trattato Italo Calvino nelle sue Lezioni americane (vedi link) (nell’appendice intitolata Cominciare e finire; molto famoso è il suo discorso sul momento del distacco dalla molteplicità dei possibili). In realtà praticamente ogni autore (da Flaubert a Raymond Carver, da Čechov a Jack London)…
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Avventure della ragazza cattiva di Mario Vargas Llosa

Quella fu un’estate favolosa.  Con queste parole inizia Avventure della ragazza cattiva, romanzo del 2006 dello scrittore peruviano Mario Vargas Llosa, premiato con il Nobel per la letteratura nel 2010. Il narratore-protagonista, Ricardo Somocurcio, guarda al passato, all’estate del 1950; lui ha quindici anni e nel quartiere di Lima in cui vive, Miraflores, succedono tante cose: concerti, eventi sportivi, anche il sole sembra diverso dalle altre estati, e soprattutto… Ma il fatto più rimarchevole di quell’estate fu l’arrivo a Miraflores, dal Cile, il loro lontanissimo paese, di due sorelle la cui presenza vistosa e il cui inconfondibile modo di parlare, svelto svelto, mangiando le ultime sillabe delle parole e concludendo le frasi con un’aspirata esclamazione che suonava come un <<pué>>, fece gurare la testa a tutti noi miraflorini che avevamo appena cambiato i pantaloni corti con quelli lunghi. E a me più che agli altri. Il narratore si innamora subito della maggiore delle due cilenite, Lily, le si dichiara tre volte, senza successo, e scopre proprio in punto di concludere la quarta proposta di fidanzamento che Lily non viene affatto dal Cile. La ragazza ha mentito, e quando diventa noto a tutti, per la vergogna non si fa più vedere….
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Cos’è un McGuffin?

Molti manuali di scrittura creativa parlano della tecnica del McGuffin, soprattutto nei capitoli dedicati alla suspense, e il termine viene usato molto spesso anche all’interno delle recensioni delle serie tv. Si tratta di una definizione recente, che non può vantare secoli di tradizione alle spalle, ma ciò non impedisce di individuarne i contorni in maniera chiara per evitare un uso scorretto. Pare che a coniare il termine sia stato Alfred Hitchcock che, nel saggio-intervista a lui dedicato da François Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, racconta: Si può immaginare una conversazione tra due uomini su un treno. L’uno dice all’altro: <<Che cos’è quel pacco che ha messo sul portabagagli?>> L’altro: <<Ah, quello è un McGuffin>> Allora il primo: <<Che cos’è un McGuffin?>> L’altro: <<È un marchingegno che serve per prendere i leoni sulle montagne Adirondack>>. Il primo: <<Ma non ci sono i leoni sulle Adirondack>> Bene: <<Allora non è un McGuffin!>> Come vedi, un McGuffin non è nulla Il McGuffin è di fatto un espediente, usato per portare l’attenzione del lettore o dello spettatore su un’azione, un oggetto o un’informazione che non ha altro scopo che portare avanti la storia. Restando a Hitchcock, nel suo Intrigo internazionale alcuni misteri sono fondamentali…
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Una donna di mondo di W. Somerset Maugham

Di alcuni scrittori – Čechov e Hemingway su tutti – si dice che i loro racconti siano, per via della precisione estrema, dei veri e propri manuali di scrittura creativa. Lo stesso si può affermare parlando di William Somerset Maugham, autore britannico nato nel 1874, esperto di vita mondana e sensibile osservatore delle differenze – e dei paradossi – tra i vari ceti sociali. Ma Somerset Maugham era soprattutto un conoscitore del modo di raccontare una storia, e i dieci racconti della raccolta Una donna di mondo e altri racconti tengono il lettore col fiato sospeso nonostante che, apparentemente, le diverse trame non abbiano nulla di avvincente: una donna non riesce a credere che il marito scappi con la cuoca, un giovane che disattende le aspettative dei genitori, proposte di matrimonio rifiutate o accettate per interesse, valutazioni errate e delusioni di ogni tipo. Dinamiche tutt’altro che innovative, e in mezzo alle quali, per di più, si muovono personaggi spesso superficiali e egocentrici. Ci sarebbero tutti gli ingredienti per trovare i racconti di Somerset Maugham noiosi, e invece l’autore ci mostra questi personaggi con un misto di cinismo e umanità tali da ricordarci come anche noi possiamo essere superficiali e egocentrici…
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A proposito di incipit – come inizia Una storia tra due città

Si potrebbero descrivere i lettori in due gruppi: quelli che scelgono cosa leggere in base all’immagine di copertina, al titolo o alla sinossi, e quelli che in libreria non possono fare a meno di aprire il volume che hanno tra le mani per leggere il primo periodo o la prima pagina. Agli appartenenti al secondo gruppo non interessa tanto sapere di cosa parla l’autore, quanto come parla. Vogliono assaporarne la voce, perché, se lo sceglieranno, procederanno insieme per un percorso di qualche centinaio di pagine. Esistono incipit così famosi da essere noti anche a chi non ha letto la relativa opera, come per esempio: Chiamatemi Ismaele (da Moby Dick); Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera (dalla Recherche di Proust, ripreso da Sergio Leone in C’era una volta in America); Tutte le famiglie felici si assomigliano tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo (da Anna Karenina). Dell’importanza dell’inizio di una storia ha trattato Italo Calvino nelle sue Lezioni americane (vedi qui) (nell’appendice intitolata Cominciare e finire; molto famoso è il suo discorso sul momento del distacco dalla molteplicità dei possibili). In realtà praticamente ogni autore (da Flaubert a Raymond Carver, da Čechov a Jack London)…
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Il gorilla di Sandrone Dazieri

Di frequente, nel determinare il successo di un giallo – o di una serie di gialli – lo spessore di colui che indaga gioca un ruolo più importante della struttura dell’indagine stessa. Sandrone Dazieri, cremonese classe ’64, attivo nei movimenti dei centri sociali nella Milano degli anni ’80, ci ha regalato un personaggio, comparso per la prima volta ne Attenti al gorilla nel 1999, che definire originale sarebbe riduttivo. Il protagonista del ciclo del Gorilla si chiama Sandrone Dazieri, proprio come l’autore, e, nella sua prima apparizione, in un dialogo con la compagna Vale, parla del Socio: <<Il tuo Socio si cura molto meglio di te.>>   <<Perché è un pignolo maniaco. Io sono un maniaco depressivo e voglio essere coccolato. Mi trascuro apposta per attrarre l’attenzione.>> Basterà leggere poche pagine per capire che il Socio, in realtà, è lo stesso Sandrone, che soffre di un disturbo della personalità. La particolarità del caso è che le due personalità si alternano con le fasi del sonno: quando una dorme, l’altro si sveglia. In pratica, Sandrone Dazieri non dorme mai. Il ritornello era sempre il solito: secondo i sacri testi, non può esistere qualcuno che non dorme mai. Dovrebbe morire, o diventare…
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A proposito di incipit – come inizia Moby Dick

Si potrebbero dividere i lettori in due gruppi: quelli che scelgono in base all’immagine di copertina, al titolo o alla sinossi, e quelli che in libreria non possono fare a meno di aprire il volume che hanno tra le mani per leggere il primo periodo o la prima pagina. Agli appartenenti al secondo gruppo non interessa tanto sapere di cosa parla l’autore, quanto come parla. Vogliono assaporarne la voce, perché, se lo sceglieranno, procederanno insieme per un percorso di qualche centinaio di pagine. Esistono incipit così famosi da essere noti anche a chi non ha letto la relativa opera, come per esempio: Chiamatemi Ismaele (da Moby Dick); Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera (dalla Recherche di Proust, ripreso da Sergio Leone in C’era una volta in America); Tutte le famiglie felici si assomigliano tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo (da Anna Karenina). Dell’importanza dell’inizio di una storia ha trattato Italo Calvino nelle sue Lezioni americane (vedi qui) (nell’appendice intitolata Cominciare e finire; molto famoso è il suo discorso sul momento del distacco dalla molteplicità dei possibili). In realtà praticamente ogni autore (da Flaubert a Raymond Carver, da Čechov a Jack London) ha sottolineato…
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